Mobbing e Straining: cosa devono sapere oggi i datori di lavoro
- Produzione Webidoo

- 12 set
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L’articolo 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro l’obbligo di garantire condizioni di lavoro sicure e rispettose della salute fisica e psichica dei dipendenti. Questo include non solo la prevenzione dei rischi legati alla sicurezza fisica, ma anche la creazione di un ambiente privo di comportamenti ostili o stressogeni.
Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha consolidato due nozioni chiave che ampliano la responsabilità datoriale: mobbing e straining.
Mobbing: quando l’intento persecutorio è sistematico
In assenza di una definizione legislativa univoca, la Cassazione ha delineato chiaramente i contorni del mobbing. Si tratta di:
Comportamenti vessatori sistematici e prolungati nel tempo, anche leciti se isolati, ma illeciti nel loro insieme;
Lesione all’equilibrio psico-fisico del dipendente;
Nesso causale tra le condotte e il danno subito;
Intento persecutorio, ovvero un disegno intenzionale volto a isolare o mortificare il lavoratore.
Un esempio: la Suprema Corte ha riconosciuto il mobbing in un caso di trasferimento in un ufficio fatiscente, con assegnazione a mansioni dequalificanti e atteggiamenti denigratori da parte dei colleghi e dei superiori (Cass. 3791/2024).
Straining: meno evidente, ma altrettanto rilevante
Lo straining è una forma di pressione psicologica meno evidente rispetto al mobbing, ma comunque rilevante e sanzionabile.A differenza del mobbing, non richiede la continuità delle condotte vessatorie: anche episodi isolati, se significativi e stressogeni, possono dar luogo a responsabilità.
Il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere anche per il mantenimento colposo di un ambiente stressogeno, pur in assenza di una volontà persecutoria diretta.
La Cassazione ha chiarito che il mancato intervento del datore per prevenire o contenere tali situazioni costituisce inadempimento agli obblighi di tutela della salute del lavoratore (Cass. 10730/2025; Cass. 969/2023).
La distinzione è giuridica, ma la responsabilità resta
È interessante notare che, in sede giudiziale, qualificare una condotta come “straining” invece che “mobbing” non cambia il quadro sostanziale della responsabilità datoriale. Anche in assenza di intento persecutorio, se il datore non ha adottato misure adeguate per garantire un ambiente sano, può essere ritenuto responsabile (Cass. 18164/2018).
Il datore di lavoro è responsabile anche per le condotte altrui
Un aspetto spesso trascurato: la responsabilità può estendersi anche a comportamenti posti in essere da colleghi o superiori del lavoratore. L’art. 2049 c.c. sancisce infatti la responsabilità indiretta del datore di lavoro per danni causati da suoi collaboratori nell’esercizio delle mansioni.
In sintesi: cosa deve fare un imprenditore attento?
Ecco 3 indicazioni operative:
Monitorare costantemente il clima aziendale, anche attraverso strumenti di valutazione del benessere organizzativo.
Formare dirigenti e quadri per individuare comportamenti potenzialmente vessatori, anche non intenzionali.
Intervenire tempestivamente in presenza di segnali di stress, disagio o conflittualità interna, documentando ogni azione intrapresa.
La giurisprudenza recente ci insegna che il dovere di tutela del lavoratore non si esaurisce nell’assenza di mobbing. Anche lo straining, e più in generale un ambiente lavorativo stressogeno, possono dar luogo a responsabilità.
Lo Studio Legale Santoro è al fianco di imprenditori, HR e consulenti per gestire correttamente queste situazioni complesse e ridurre il rischio di contenziosi.




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